Diagnosi

Arrivare alla diagnosi di mutazione del gene DDX3X è spesso un percorso lungo e complesso, che inizia con i primi segnali di sviluppo atipico e si completa grazie alle indagini genetiche approfondite. La sindrome è rara e ancora poco conosciuta, e per questo la diagnosi può richiedere tempo e il coinvolgimento di più specialisti.

Quando iniziano i dubbi?

Nella maggior parte dei casi, i genitori iniziano a notare differenze nel ritmo di sviluppo del proprio bambino nei primi mesi o anni di vita. Tra i segnali più comuni:

  • ritardi nelle tappe motorie (camminare, stare seduti)
  • difficoltà nella comunicazione e nel linguaggio
  • ipotonia (tono muscolare ridotto)
  • comportamenti ripetitivi o difficoltà nella relazione

Questi segnali portano spesso a consultare il pediatra, il neuropsichiatra infantile o altri specialisti.

Il ruolo degli esami genetici

Dopo una prima fase di valutazione clinica e funzionale, il medico può proporre esami genetici di secondo livello, come:

  • array-CGH (cariotipo molecolare)
  • pannelli di geni correlati a disabilità intellettiva
  • sequenziamento dell’esoma (WES)

È attraverso il sequenziamento dell’esoma che nella maggior parte dei casi viene identificata una mutazione de novo del gene DDX3X, situato sul cromosoma X. Questo tipo di alterazione non è ereditato dai genitori nella grande maggioranza dei casi, ma compare “ex novo” durante la formazione dell’embrione.

Cosa significa avere una diagnosi?

Ricevere una diagnosi genetica, seppur difficile da accettare, rappresenta per molte famiglie un punto di svolta:

  • consente di dare un nome alle difficoltà del bambino
  • permette di accedere a percorsi riabilitativi e scolastici mirati
  • facilita l’ingresso in una rete di famiglie e specialisti
  • apre la porta alla partecipazione a studi scientifici e progetti internazionali

L’Associazione DDX3X Italia ODV accompagna le famiglie in questo percorso, offrendo ascolto, supporto e informazione affidabile.

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